giovedì 30 ottobre 2008
Intervento Rosania in Consiglio Regionale dopo che non si è discusso sul decreto Gelmini
Signor Presidente la ringrazio per avermi dato la parola. Forse non era il caso che venissi chiamato in causa nell’intervento che mi ha appena preceduto, visto che io non ero ancora intervenuto in Aula, e quindi, non capisco come si sia potuto interpretare il mio pensiero. Quello di cui prendo atto, con grande amarezza, è che dai banchi della destra viene un messaggio ben preciso: il Consiglio Regionale, cioè la massima istituzione della Regione Campania, non deve discutere e non deve interessarsi di questioni, quale la camorra, su cui abbiamo dibattuto nella scorsa seduta, e non deve far sentire la propria voce su quello che sta attraversando l’intero paese, cioè, il dibattito sulla cultura, l’università, la scuola, su quello che significa l’istruzione in questo paese. Come si risponde, nel tentativo di bloccare il Consiglio Regionale, di evitare che il esso possa diventare interlocutore del movimento che e nato, possa inserirsi in questo dibattito, in questo confronto che interessa tutto il paese? Si sollevano obiezioni di ordine Regolamentari. C’era una vecchia trasmissione in cui Nino Frassica, che faceva il conduttore, ad ogni dubbio se ne usciva con la frase: “andiamo al Regolamento”. Mi fa piacere vedere che siamo arrivati “all’andiamo al Regolamento” per evitare il consiglio svolga il suo ruolo. In questi tre anni, da quando svolgo il ruolo di Consigliere Regionale, ho avuto modo di verificare che in questo Consiglio si era istituita una prassi, secondo me anche giusta, che consentiva ad ogni Consigliere, all’interno di quello che era il dibattito consiliare, di prendere la parola per sottoporre al Consiglio questioni che non erano certamente all’ordine del giorno e che non sempre avevano carattere di urgenza o di straordinarietà, che certamente non interessavano una parte così ampia del Paese. In questi anni si è chiesta la parola sull’ordine dei lavori, per parlare di tutto e di più e nessuno ha avuto da obiettare nulla. Prassi consolidata. E io condivido quella prassi, perché ritengo che anche questa sia la democrazia. La possibilità, cioè, all’interno di questo Consiglio, della massima espressione di rappresentanza della Regione Campania di sollevare questioni e problemi altrimenti destinate all’oblio. Oggi c’è un richiamo al Regolamento, perché trovi una sua applicazione rigida, prendiamo atto che questa è la nuova prassi che si intende istituire. Ci auspichiamo che da questo momento l’applicazione del Regolamento da parte della Presidenza sia, conseguentemente, rigida. Si è ritenuto cancellare una prassi che ritenevo giusta, ritengo inevitabile, ora, che adesso il Regolamento trovi sempre la sua ferma applicazione. Conseguentemente, quando un Consigliere, di maggioranza o di minoranza, si alza per questioni non legate all’ordine dei lavori per introdurre elementi estemporanei, per fare l’analisi della Sanità, dai tempi degli antichi greci fino ad oggi, ad esempio, ciò gli venga impedito ai sensi del regolamento. Così come quando si interviene sulle questioni dello sviluppo economico, in questo Consiglio, mentre si discute di altre cose, questo venga impedito dalla Presidenza. Se il Regolamento c’è, esso trovi una sua applicazione ferma, visto che questo viene chiesto, oggi, a gran voce. Qual è il dato politico? Il dato politico drammatico che questa giornata consegna all’intera Regione Campania è che mentre il paese intero è interessato da una discussione di tale importanza, mentre anche questa città è attraversata da movimenti spontanei di protesista, mentre, studenti, professori, insegnanti, personale ausiliario sono in lotta e sta difendendo la scuola pubblica in questo Paese, il Consiglio Regionale viene impedito a parlare, viene impedito, in altri termini, a diventare interlocutore di queste istanze e di questa discussione. Credo, Presidente, che nulla di più avevamo chiesto, se non di consentire a questa istituzione, di far sentire la propria voce e dare a questi movimenti di difesa della scuola pubblica un punto di riferimento istituzionale. Abbandoniamo l’Aula perché riteniamo che sia fondamentalmente sbagliata questa scelta politica. Il fatto di rendere asettico il Consiglio Regionale, di renderlo impermeabile rispetto a queste spinte, a queste esigenze, a ciò che avviene nel paese è un errore, è una concezione sbagliata della democrazia, quella concezione che prevede uno che comanda e gli altri, a tutti i livelli, non diano dare fastidio. Si è cercato di imbavagliare il Parlamento andando avanti a colpi di maggioranza, impedendo anche di discutere gli emendamenti presentati. Si vuole impedire a tutti i livelli istituzionali di poter dire la propria parola. A questo gioco non ci stiamo e abbandoniamo l’Aula perché questa concezione della democrazia non ci appartiene, non è la nostra e noi siamo affianco a chi in questo momento sta lottando per difendere la scuola e l’università in questo paese. Siamo con loro! Chiederemo ancora una volta che questa istituzione se ne faccia carico. Seguiremo il Regolamento, presenteremo ordini del giorno, presenteremo richieste di discussione perché, comunque, questa istituzione non si ritiri ma faccia sentire la sua voce.
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