I dati, riportati ieri dalla stampa, sul calo verticale delle vendite di mozzarelle di bufala Campana, con flessioni a gennaio 2008 che vanno dal 25% al 60%, rispetto al gennaio 2007, sono l’ultimo, drammatico, sintomo della crisi in cui versa uno dei pilastri del settore agro – alimentare campano, e della provincia di Salerno in particolare.
Con interrogazioni all’Assessore Regionale, e con emendamenti alla Finanziaria 2008, colpevolmente sottovalutati e respinti, avevo provato a lanciare l’allarme alla luce di una “demolizione mediatica” della produzione di mozzarella di bufala.
Sulla stampa di volta in volta si è parlato di bufale brucellotiche ancora in produzione, di veterinari compiacenti, di pascolo su terreni contaminati da rifiuti tossici, fino all’utilizzo di latte in polvere o grassi provenienti dall’India.
Ora gli effetti di queste degenerazioni, che la politica ha colpevolmente sottovalutato, sono espressi dai dati delle vendite.
Io rimango convinto che in termini immediati ci sia necessità di una seduta tematica dell’Ottava Commissione Regionale “Agricoltura”, con l’Assessore e con i rappresentanti degli allevatori e dei caseifici campani, per definire una condivisa linea di condotta; per evitare che “l’oro bianco” scompaia dalla nostra regione, come avvenne trent’anni fa con “l’oro rosso” del pomodoro.
Ritengo che sia indispensabile rendere tracciabile, sulla confezione di mozzarelle di bufala, la provenienza del latte dalle singole province o aree di produzione, al fianco del marchio D.O.P.
La situazione è diversa, area per area.
Nella provincia di Salerno, nella Piana del Sele dove si concentra l’allevamento delle bufale, non ci sono discariche più o meno tossiche su cui pascolano gli animali, è cultura antica degli allevatori nostri l’abbattimento delle bestie colpite dalla brucellosi.
Altro che vaccino, da noi la mozzarella si fa con il latte crudo ed il caglio.
Molto spesso gli allevatori sono proprietari anche del caseificio e seguono, quindi, l’intera filiera del prodotto.
Sarebbe, quindi, corretto che si andasse ad una modifica dei regolamenti del marchio I.G.T., si consentisse ai produttori di apporre sulle confezioni di mozzarella che quelle sono prodotte con latte di bufala proveniente da allevamenti salernitani.
Ogni area della regione si assuma le proprie responsabilità per leggerezze, errori, violazioni che oggi stanno mettendo in ginocchio il settore.
Con interrogazioni all’Assessore Regionale, e con emendamenti alla Finanziaria 2008, colpevolmente sottovalutati e respinti, avevo provato a lanciare l’allarme alla luce di una “demolizione mediatica” della produzione di mozzarella di bufala.
Sulla stampa di volta in volta si è parlato di bufale brucellotiche ancora in produzione, di veterinari compiacenti, di pascolo su terreni contaminati da rifiuti tossici, fino all’utilizzo di latte in polvere o grassi provenienti dall’India.
Ora gli effetti di queste degenerazioni, che la politica ha colpevolmente sottovalutato, sono espressi dai dati delle vendite.
Io rimango convinto che in termini immediati ci sia necessità di una seduta tematica dell’Ottava Commissione Regionale “Agricoltura”, con l’Assessore e con i rappresentanti degli allevatori e dei caseifici campani, per definire una condivisa linea di condotta; per evitare che “l’oro bianco” scompaia dalla nostra regione, come avvenne trent’anni fa con “l’oro rosso” del pomodoro.
Ritengo che sia indispensabile rendere tracciabile, sulla confezione di mozzarelle di bufala, la provenienza del latte dalle singole province o aree di produzione, al fianco del marchio D.O.P.
La situazione è diversa, area per area.
Nella provincia di Salerno, nella Piana del Sele dove si concentra l’allevamento delle bufale, non ci sono discariche più o meno tossiche su cui pascolano gli animali, è cultura antica degli allevatori nostri l’abbattimento delle bestie colpite dalla brucellosi.
Altro che vaccino, da noi la mozzarella si fa con il latte crudo ed il caglio.
Molto spesso gli allevatori sono proprietari anche del caseificio e seguono, quindi, l’intera filiera del prodotto.
Sarebbe, quindi, corretto che si andasse ad una modifica dei regolamenti del marchio I.G.T., si consentisse ai produttori di apporre sulle confezioni di mozzarella che quelle sono prodotte con latte di bufala proveniente da allevamenti salernitani.
Ogni area della regione si assuma le proprie responsabilità per leggerezze, errori, violazioni che oggi stanno mettendo in ginocchio il settore.